The Wolf of Wall Street ●●●○○

Regista Martin Scorsese, attore protagonista Leonardo di Caprio, non poteva che essere uno dei film più attesi dell’anno. Uscito nel 2013 negli USA, della durata di 3 ore, è candidato a ben 5 premi Oscar: miglior film, regia, attore protagonista e non e sceneggiatura.

La storia è quella dell’ascesa e del declino del Lupo di Wall Street Jordan Belfort. Quando nel  1987 comincia la propria carriera di broker a Wall Street, Belfort è da poco sposato con una parrucchiera, ha due figli e non si è mai fatto una striscia. Il suo rito di iniziazione alla vita di eccessi dell’alta finanza di New York è un pranzo in un ristorante di lusso con lo spudorato Mark Hannah (Matthew McConaughey). Il lunedì nero (19 ottobre ’87) però lo lascia dopo poco senza lavoro e Belfort è costretto a rivolgersi a un mediocre call center che vende azioni con quotazioni bassissime. Malizia e spudoratezza e l’incontro con Donnie Azof (Jonah Hill), che diventerà il suo braccio destro e amico fidato, lo portano in breve tempo a un’attività sempre più frenetica, truffaldina e redditizia, fino alla fondazione della Stratton Oakmont. Intanto Belfort abbandona il proprio stile di vita sobrio per la sperimentazione delle più varie sostanze stupefacenti e lascia la moglie (la Madre di How I Met Your Mother!) per sposare la bellissima Naomi (la suorina di Pan Am!). Quando l’FBI comincia a indagare sulla Stratton, Belfort è costretto a studiare un piano per mettere al sicuro sé e il suo immenso patrimonio.

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La struttura della narrazione è quella convenzionale e prevedibile della vita di tutti i grandi delinquenti: dalla mediocrità al successo e poi alla disfatta più totale. Ciò su cui questo film insiste è certamente l’assurdità di una realtà, che caratterizzava gli anni ’80 ma non meno i giorni nostri, che è quella della dittatura del denaro. La ricchezza è rappresentata come un credo religioso e un’ideologia estrema. I monologhi che Belfort fa ogni mattina davanti ai suoi impiegati (che Di Caprio interpreta magistralmente) sono i discorsi di incitamento di un leader spirituale davanti ai suoi seguaci. I gesti degli impiegati che applaudono ed esultano ad ogni sua parola sono quelli di una massa irrazionale che segue il proprio Dio. Come non vedere nell’impiegata madre single che Belfort ha salvato dalla miseria, una poveretta raggirata da una setta religiosa? E nel lamento di Mark Hannah quando si batte il pugno sul cuore, un rito tribale?

Per il resto è tutto divertimento. La scena in cui Belfort e Donnie assumono delle pasticche invecchiate quindici anni di una potente qualità di quaaludes è una delle scene demenziali meglio riuscite nella storia del cinema (lo dico perché non amo il cinema demenziale, ma qui ho apprezzato).  E la scena della tempesta in mare è palesemente un’esagerazione fine a se stessa!

Peccato per i personaggi femminili praticamente assenti (sta Naomi potevano farla un po’ meno insignificante!) e, devo dire, anche per la durata forse un po’ eccessiva. Leonardo di Caprio, l’ho già detto? Sensazionale!

VOTO: 6 e 1/2 

4 pensieri su “The Wolf of Wall Street ●●●○○

  1. Allora. Naomi non è assolutamente insignificante, Considera per noi Naomi quello che per te è Leo.
    Bello il paragone con la setta religiosa! e concordo sulla scena della tempesta, inutile.
    Ma finché Martin mi farà ridere per 3 ore, va tutto bene. Anche una storia vista mille volte.

  2. 1) L’alta finanza è un campo molto maschile e maschilista. Lo è ancora oggi. I personaggi femminili mi sembrano nei loro giusti ruoli, visto il contesto.
    2) La scena della barca secondo me è un’allegoria: la nave di Belfort (leggi: la sua organizzazione fraudolenta creatice di oscena ricchezza) affonda, le alte onde sono l’FBI , i controlli, la resa dei conti che gli piomba addosso.
    3) Il film è lungo, ma secondo me la seconda parte è studiata appositamente per essere estenuante. La vita di Belfort era diventata estenuante, lo spettatore deve immedesimarsi: Scorsese vuole che lo spettatore esca dalla sala tremante ed esausto. Ha senso.
    4) Tutto questo divertimento in realtà non c’è: il film è studiato perché il divertimento si trasformi presto in disgusto, in nausea. In questo – al contrario di molti altri che hanno parlato di totale assenza di giudizio del regista – io l’ho trovato persino un po’ moraleggiante.

  3. Mi piace molto la tua analisi e le cose che dici sono giuste e non sempre contraddittorie rispetto a quello che ho scritto io. Rispondo velocemente
    1) Il fatto che sia un personaggio volutamente marginale, non giustifica il fatto che sia poco valorizzato e mediocremente interpretato. C’è differenza tra una rappresentazione mediocre e la rappresentazione di una persona mediocre.
    2) Il fatto che sia una metafora non toglie che sia esagerata e inverosimile
    3) Vero, però se rischi che lo spettatore si annoi vuol dire che hai sbagliato qualcosa
    4) D’accordissimo con la non-assenza di giudizio, ma sul fatto che sia un film alla cui base c’è il divertimento (del regista, degli attori, degli spettatori, di tutti) è fuori discussione.

    Come avrai capito non sono grande amante del genere, perdona il mio punto di vista così critico!

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